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Immagine del redattorePanta Rei

Statistiche ISTAT sull'acqua anni 2018-2019

LE STATISTICHE DELL’ISTAT SULL’ACQUA | ANNI 2018-2019 Si riducono i prelievi di acqua per uso potabile: 419 litri per abitante al giorno (9,2 miliardi di metri cubi) Ancora rilevanti le perdite della rete idrica: circa 44 metri cubi al giorno per km di rete nei comuni capoluogo di provincia/città metropolitana. In 12 comuni capoluogo di provincia/città metropolitana (soprattutto del Mezzogiorno) adottate misure per razionare la distribuzione di acqua per uso civile. L’86,6% delle famiglie residenti in Italia è molto o abbastanza soddisfatto del servizio idrico. Cresce la spesa mensile familiare per acquisto di acqua minerale (+9,4% sul 2015). 40 I comuni senza allaccio alla rete fognaria comunale. Circa 394.000 i residenti interessati. 29,0% La quota di famiglie che non si fidano a bere acqua di rubinetto. Era il 40,1% nel 2002 37,3% Il volume di acqua immesso nelle reti dei capoluoghi che non raggiunge gli utenti a causa delle dispersioni di rete. Era il 39,0% nel 2016.


In occasione della Giornata mondiale dell’acqua, istituita dall’ONU e celebrata ogni anno il 22 marzo, l’Istat fornisce un focus tematico annuale attraverso l’integrazione di più fonti informative statistiche tra le quali figurano i primi risultati del “Censimento delle acque per uso civile” relativo all’anno 2018. Molto o abbastanza soddisfatte del servizio idrico più di 8 famiglie su dieci Le famiglie residenti in Italia che dichiarano di essere allacciate alla rete idrica comunale e che si ritengono, complessivamente, molto o abbastanza soddisfatte del servizio idrico sono l’86,6% (Figura 1). Il livello di soddisfazione varia sul territorio: molto o abbastanza soddisfatte nove famiglie su dieci al Nord, otto nel Centro e nel Sud e sette nelle Isole. A livello regionale, la quota di famiglie poco soddisfatte supera di gran lunga la percentuale di quelle molto soddisfatte in Calabria (25,7% poco soddisfatte contro 13,0% molto soddisfatte), Sardegna (24,3% contro 11,1%) e Sicilia (23,8% contro 11,2%). Al Nord la soddisfazione più elevata per la fornitura di acqua nelle abitazioni Le famiglie intervistate valutano la fornitura di acqua potabile sotto vari aspetti: interruzioni della fornitura, livello di pressione, odore, sapore e limpidezza, frequenza di lettura dei contatori e della fatturazione, comprensibilità delle bollette. Nel 2019, così come nell’anno precedente, il giudizio su questi aspetti del servizio resta piuttosto moderato e non raggiunge una piena soddisfazione. Rispetto all’assenza di interruzioni della fornitura, quasi il 90% delle famiglie italiane si dichiara molto o abbastanza soddisfatto, tranne che in Calabria, Sicilia e Sardegna, dove molte famiglie risultano poco o per niente soddisfatte (rispettivamente 36,8%, 32,4% e 25,6%). Anche sul giudizio nei confronti del livello di pressione dell’acqua, Calabria (30,4%), Sicilia (25,3%) e Sardegna (22,9%) registrano le quote più alte di famiglie poco o per niente soddisfatte, a fronte di un valore nazionale pari al 14,2%. Nel 2019 quasi tre famiglie su quattro (il 75,9%) si ritengono molto o abbastanza soddisfatte rispetto all’odore, al sapore e alla limpidezza dell’acqua. La quota di famiglie insoddisfatte è invece ben al di sopra della media nazionale in Sardegna (42,8%), Calabria (40,4%), Sicilia (38,8%) e Umbria (32,7%). ACQUA: I NUMERI CHIAVE. Anni 2016-2019 ANNI Famiglie che lamentano irregolarità nel servizio idrico Spesa media mensile per la fornitura di acqua Spesa media mensile per acqua minerale Famiglie che non si fidano a bere acqua del rubinetto 2016 9,4% 13,59 euro 10,75 euro 29,9% 2017 10,1% 14,69 euro 11,94 euro 29,1% 2018 10,4% 14,65 euro 12,48 euro 29,0% 2019 8,6% - - 29,0% La frequenza di lettura dei contatori è molto o abbastanza soddisfacente quasi per otto famiglie su dieci, ma anche in questo caso è ragguardevole la quota di famiglie poco o per niente soddisfatte (23,3%). Resta forte il divario territoriale e percentuali di bassa soddisfazione si registrano soprattutto in Sicilia (40,8%), Calabria (40,7%) e Sardegna (32,9%). Quanto al giudizio sulla frequenza della fatturazione, le famiglie molto o abbastanza soddisfatte sono oltre l’80% del totale. In Calabria la percentuale di famiglie poco o per niente soddisfatte raggiunge il 38,2%, in Sicilia il 34,0% e in Sardegna il 32,0%. La comprensibilità delle bollette soddisfa molto o abbastanza oltre il 66% delle famiglie. Le famiglie poco o per niente soddisfatte sono il 33,7%, e la quota aumenta sensibilmente non solo nelle regioni del Mezzogiorno, come Campania (45,0%) e Sicilia (44,8%), ma anche nel Lazio (38,9%) e in Toscana (37,8%). In lieve calo le famiglie che lamentano irregolarità nell’erogazione dell’acqua Nel 2019 si attesta all’8,6% la quota di famiglie che lamentano irregolarità nel servizio di erogazione dell’acqua nelle loro abitazioni. È un valore in lieve calo rispetto al 2018 e molto distante dai picchi rilevati a partire dal 2002 e, soprattutto, da quello del 2003 (17,0%). Il disservizio investe in misura diversa le regioni e interessa quasi 2 milioni 198 mila famiglie, il 61,9% delle quali, poco meno di 1 milione 400 mila, vive nelle regioni del Mezzogiorno (Figura 2). La Calabria, pur rimanendo la regione con la quota più elevata di famiglie (31,2%) che lamentano l’inefficienza del servizio, registra comunque un deciso miglioramento (una diminuzione di 8 punti percentuali rispetto all’anno precedente). Quote esigue si registrano al Nord-ovest e Nord-est (3,0% e 3,2%), mentre al Centro meno di una famiglia su dieci dichiara che il servizio di erogazione è irregolare. Il problema dell’irregolarità nell’erogazione dell’acqua si presenta durante tutto l’anno per il 35,9% delle famiglie, per il 32,2% solo nel periodo estivo e per il 30,6% è sporadico. Oltre la metà delle famiglie (52,7%) considera adeguati i costi sostenuti per l’erogazione dell’acqua mentre il 39,9% li giudica elevati. Gli insoddisfatti toccano il 51,6% nelle Isole, il 45% al Centro e al Sud. Livelli molto più bassi si registrano nel Nord-ovest e nel Nord-est (33,5% e 34,3%). FIGURA 1. FAMIGLIE ALLACCIATE ALLA RETE IDRICA COMUNALE PER GRADO DI SODDISFAZIONE DEL SERVIZIO E REGIONE. Anno 2019, composizione percentuale % Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana Ancora poca fiducia nel bere acqua di rubinetto Non esprimono fiducia a bere l’acqua di rubinetto ben 7 milioni 400 mila famiglie, ma sono progressivamente diminuite nel tempo. Da una percentuale del 40,1% del 2002, si è arrivati al 29,0% nel 2019. Permangono notevoli differenze territoriali: il Nord-est è al 19,3% e nelle Isole si raggiunge il 54,9%. Toccano le percentuali più elevate Sardegna (59,9%), Sicilia (53,1%) e Calabria (48,8%). Umbria in testa per il consumo di acqua minerale Nel 65% delle famiglie almeno un componente acquista più di un litro di acqua minerale al giorno. Il consumo più elevato si registra nelle Isole (67,7%) e quello più basso al Sud (62,8%). L’Umbria si conferma, anche per il 2019, alla guida della graduatoria regionale (74,4%), e il Trentino-Alto Adige al posto più basso (48,9%). Aumenta la spesa familiare per l’acqua minerale Per la fornitura di acqua nell’abitazione ogni famiglia ha speso in media 14,65 euro al mese, valore pressoché invariato rispetto ai 14,69 euro del 2017, che rappresenta lo 0,6% della spesa media mensile familiare complessiva per il consumo di beni e servizi. Considerando come anno di riferimento il 2015, questa voce di spesa in valore assoluto è aumentata del 9,4%. Tuttavia se si considera la variazione dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) relativa alla voce “Acqua per abitazione” che, tra il 2015 e il 2018, è del +14,4%, la spesa in termini reali risulta in calo del 5%. Nel 2018, i livelli di spesa mensile delle famiglie per la fornitura di acqua risultano superiori alla media nazionale nel Mezzogiorno (16,87 euro) e nel Centro (16,43 euro), mentre sono inferiori nelle regioni del Nord (12,41 euro). Il rapporto di spesa tra le diverse aree geografiche si mantiene comunque dal 2016 pressoché costante. La spesa mensile sostenuta dalle famiglie per l’acquisto di acqua minerale nel 2018 è di 12,48 euro, in aumento del 4,5% rispetto all’anno precedente. % FIGURA 2. FAMIGLIE CHE LAMENTANO IRREGOLARITÀ NELL’EROGAZIONE DI ACQUA E CHE NON SI FIDANO A BERE L’ACQUA DEL RUBINETTO, PER REGIONE. Anno 2019, valori per 100 famiglie Fonte: Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana Nel 2018 la spesa per la fornitura d’acqua per l’abitazione è solo di 2,20 euro in più di quella relativa al consumo di acqua minerale, si tratta della differenza più bassa registrata dal 2014 (Figura 3). Tuttavia in termini di costo unitario (euro/litro) la spesa mensile per acqua minerale consumata è circa seimila volte superiore a quella fatturata per uso domestico. Nel complesso, rispetto al 2014, la spesa familiare per acqua minerale cresce di più di quella per la fornitura di acqua alle abitazioni (+20,6% contro +11,8%). Si riduce ma di poco il prelievo di acqua per uso potabile Nel 2018 il volume di acqua complessivamente prelevato per uso potabile, utilizzato per garantire gli usi idrici domestici, pubblici, commerciali e produttivi sul territorio italiano, è pari a 9,2 miliardi di metri cubi (Figura 4). Un approvvigionamento così consistente è reso possibile da un prelievo giornaliero di 25,0 milioni di metri cubi di acqua, che corrisponde a 419 litri giornalieri per abitante. L’84,8% del prelievo nazionale di acqua per uso potabile deriva da acque sotterranee (48,9% da pozzo e 35,9% da sorgente), il 15,1% da acque superficiali (9,8% da bacino artificiale, il 4,8% da corso d’acqua superficiale e lo 0,5% da lago naturale) e il restante 0,1% da acque marine o salmastre (Figura 5). Più della metà dei prelievi proviene da fonti di approvvigionamento che si trovano nelle regioni del Nord-ovest e del Sud. In particolare, la Lombardia è la regione dove si preleva il maggior volume di acqua per uso potabile (il 15,4% del totale nazionale). Quantitativi consistenti si captano anche nel Lazio (12,5%) e in Campania (10,1%). La variabilità sul territorio è forte, riconducibile, oltre che alle diverse esigenze idriche, all’ubicazione dei corpi idrici, alle diverse infrastrutture di trasporto dell’acqua e alle performance del servizio: dai 116 litri per abitante al giorno della Puglia agli oltre 2 mila del Molise. In particolare, nell’area del Mezzogiorno vi sono consistenti scambi idrici tra regioni, al fine di garantire le esigenze idropotabili dei territori in cui è minore la disponibilità della risorsa. Nel 2018, per la prima volta negli ultimi vent’anni, si riducono i prelievi per uso potabile (-2,7% rispetto al 2015). A variare notevolmente è stata la composizione del volume prelevato per tipologia di fonte: vi sono meno prelievi da sorgente e invaso a favore delle captazioni da pozzo. Rispetto al 2015, i prelievi da lago naturale e bacino artificiale si riducono complessivamente del 7,6%, i prelievi da sorgente e corso d’acqua superficiale rispettivamente del 3,8% e del 3,2%, mentre le captazioni da pozzo rimangono pressoché stabili (-0,7%). In calo anche i prelievi da acque marine o salmastre (-7,1%), che rappresentano ancora una parte minima della risorsa prelevata. FIGURA 3. SPESA MEDIA MENSILE FAMILIARE PER ACQUA MINERALE E FORNITURA DI ACQUA PER L’ABITAZIONE. Anni 2014-2018, valori in euro correnti Fonte: Istat, Indagine sulle spese delle famiglie L’analisi della serie storica, rispetto sia alla quantità sia ai tipi di acqua prelevata, rileva a livello regionale una forte variabilità, condizionata essenzialmente dalla situazione meteo-climatica dei diversi territori e dalle conseguenti ripercussioni sulla risorsa disponibile. Una diversa geografia dei prelievi, soprattutto nelle zone più colpite dagli eventi di siccità del 2017, ha fatto sì che in molte regioni sia aumentato l’approvvigionamento da pozzo, per sopperire alla riduzione delle portate delle fonti di natura sorgentizia e di alcuni invasi. Alcune fonti, che storicamente hanno assicurato l’approvvigionamento idropotabile di alcuni territori, non sono state utilizzate nel 2018 per salvaguardare il ripristino del livello naturale della risorsa (è il caso, ad esempio, del lago di Bracciano); di contro, c’è stato un maggiore sfruttamento di fonti già utilizzate in passato oppure sono state messe in esercizio fonti nuove per l’uso idropotabile (è il caso della diga di Conza, in Campania). La contrazione dei volumi a livello regionale è generalizzata, con l’eccezione del Molise dove si registra un aumento consistente della risorsa prelevata (+27,4% rispetto al 2015) per far fronte alle esigenze idropotabili delle vicine regioni, in particolare della Campania che ha subito in maniera piuttosto pressante le difficoltà derivanti dalla crisi idrica del 2017. Nel distretto del fiume Po il maggiore prelievo di acqua potabile Nel 2018 il maggiore prelievo di acqua per uso potabile, pari a 2,8 miliardi di metri cubi, si è verificato nel distretto del fiume Po. A seguire, in misura pressoché proporzionale allo sviluppo areale, i distretti Appennino meridionale (2,3 miliardi di metri cubi), Appennino centrale (1,5 miliardi di metri cubi), Alpi orientali (1,0 miliardi di metri cubi), Sicilia (0,7 miliardi di metri cubi), Appennino settentrionale (0,6 miliardi di metri cubi) e Sardegna (0,3 miliardi di metri cubi). Una minima quantità, pari a poco più di 390 mila metri cubi, proviene da aree ricadenti in distretti extra-territoriali. In tutti i distretti i prelievi si riducono rispetto al 2015 (Figura 6). Il prelievo da fonti d’acqua sotterranea è predominante, con percentuali superiori al 75%, in tutti i distretti, ad eccezione del distretto Sardegna, dove poco più del 20% del prelievo deriva da sorgente o pozzo. I distretti Appennino centrale e Alpi orientali utilizzano fonti sotterranee per oltre il 95% dei prelievi effettuati sul loro territorio. Lo sfruttamento di fonti sorgentizie prevale nel distretto Appennino centrale (il 73% circa del volume complessivo di acqua), seguito dal distretto Appennino meridionale (poco più del 46%). Lo sfruttamento di pozzi è, invece, peculiare del distretto del fiume Po, soprattutto nell’area della pianura Padana, dove concorre al 68,4% del volume complessivamente prelevato nell’anno. L’utilizzo di acque superficiali si conferma prevalente nel distretto Sardegna (poco più del 78% proviene da bacini artificiali). Seppur in percentuale molto più bassa, ma in volume decisamente più consistente, è significativo lo sfruttamento di acque superficiali nel distretto Appennino meridionale. Mld m3 FIGURA 4. PRELIEVI DI ACQUA PER USO POTABILE. Anni 1999-2018, valori assoluti in miliardi di metri cubi Fonte: Istat, Censimento delle acque per uso civile. Dispersioni di acqua nelle reti dei capoluoghi di provincia in calo Nelle reti di distribuzione dell’acqua potabile dei 109 comuni capoluogo di provincia/città metropolitana sono stati immessi in rete, nel 2018, 2,5 miliardi di metri cubi di acqua (378 litri per abitante al giorno) e ne sono stati erogati per usi autorizzati agli utenti finali 1,6 miliardi di metri cubi (237 litri per abitante al giorno, sia fatturati sia forniti ad uso gratuito). Ne deriva che il 37,3% dell’acqua immessa in rete è andato disperso, e non è arrivato agli utenti finali (era il 39,0% nel 2016), con ripercussioni finanziarie e ambientali di rilievo, soprattutto considerando gli episodi sempre più frequenti di scarsità idrica che interessano il nostro territorio. Le perdite totali di rete si compongono, oltre che di una parte fisiologica, che incide inevitabilmente su tutte le infrastrutture idriche, anche di una parte dovuta a vetustà degli impianti e a rotture, componente prevalente soprattutto in alcune aree del territorio, e di una parte amministrativa, legata a errori di misura dei contatori e ad allacci abusivi. Rispetto al 2016 si rileva una riduzione dei volumi movimentati nelle reti comunali dei capoluoghi di provincia. I volumi immessi in rete si contraggono di oltre il 4%, a fronte del -1,6% dei volumi erogati (circa tre litri giornalieri in meno per abitante). Ne consegue una riduzione delle perdite totali di rete di circa due punti percentuali, che vanno a segnare un’inversione di tendenza nella serie storica a partire dal 2012. Le variazioni possono dipendere sia da effettivi cambiamenti nella dotazione idrica, sia da modifiche nei criteri di calcolo dei volumi consumati ma non misurati al contatore. L’erogazione dell’acqua presenta un’elevata eterogeneità sul territorio, legata sia agli aspetti infrastrutturali, sia alle caratteristiche socio-economiche, spesso molto differenti tra comuni e che inevitabilmente influiscono sull’uso della risorsa idrica. Volumi erogati superiori ai 300 litri per abitante al giorno si riscontrano nelle città di Milano, Isernia, Cosenza, L’Aquila, Pavia, Brescia e Venezia. Di contro, i comuni in cui si ha una minore erogazione, con quantitativi inferiori ai 150 litri per abitante al giorno, sono Barletta, Arezzo, Agrigento, Andria e Caltanissetta. In un comune su tre si registrano perdite totali superiori al 45%. Le condizioni di massima criticità, con valori superiori al 65%, sono state registrate a Chieti (74,7%), Frosinone (73,8%), Latina (69,7%) e Rieti (67,8%). Una situazione infrastrutturale decisamente favorevole, con perdite idriche totali inferiori al 25%, si è registrata invece in circa un comune su cinque, con i valori più bassi, inferiori al 15%, a Biella (9,7%), Pavia (13,5%), Mantova (14,2%), Milano (14,3%), Monza (14,5%), Pordenone (14,5%), Macerata (14,8%). FIGURA 5. PRELIEVI DI ACQUA PER USO POTABILE PER TIPOLOGIA DI FONTE Anno 2018, composizione percentuale Fonte: Istat, Censimento delle acque per uso civile A livello comunale, in alcuni casi si registra un sensibile peggioramento della performance del servizio - in controtendenza rispetto al dato complessivo che vede una contrazione delle dispersioni di rete - con un aumento, anche considerevole, delle perdite totali, derivante dall’aggravarsi di situazioni storicamente compromesse (come, ad esempio, a Frosinone), da situazioni emergenziali verificatasi nel 2018 (è il caso di Venezia), ma anche da una diffusa più corretta registrazione dei volumi, dall’eliminazione del minimo impegnato nella bolletta dell’acqua e da cambiamenti nell’assetto gestionale che spesso comportano differenze, anche sostanziali, nel sistema di contabilizzazione (come a Chieti). Sulla contrazione delle perdite di rete ha inciso, in alcuni casi, un maggiore investimento nella riduzione delle perdite nella rete (come avvenuto a Roma) e una più intensa diffusione delle campagne di ricerca delle perdite occulte messe in atto dai gestori del servizio (Biella). Nel 2018 sono andati dispersi circa 44 metri cubi al giorno per chilometro di rete. Una situazione particolarmente gravosa, con oltre 100 metri cubi persi giornalmente per chilometro di rete, si è registrata in nove comuni, di cui due nel Centro e sette nel Mezzogiorno, nei quali l’inefficienza è talmente elevata da causare perdite totali percentuali superiori al 45% (Figura 7). In leggero miglioramento il ricorso al razionamento nel Mezzogiorno Nel 2018, 12 comuni capoluogo di provincia/città metropolitana sono stati interessati da misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua. Si tratta di comuni dell’area del Mezzogiorno, ad eccezione della città di Latina. Negli ultimi cinque anni è rimasto pressoché stabile il numero di comuni che hanno attuato misure di razionamento, applicate in quasi tutti i capoluoghi della Calabria, in più della metà di quelli siciliani e in Sardegna nella sola città di Sassari. Risultano più che dimezzati, rispetto al 2017, i giorni in cui le amministrazioni pubbliche dei Comuni di Latina, Avellino, Reggio di Calabria e Caltanissetta hanno fatto ricorso a misure emergenziali per assicurare la distribuzione dell’acqua ai propri cittadini anche se, a partire dal 2014, nel complesso dei capoluoghi, sono aumentati i giorni di carenza idrica. Permangono le situazioni critiche di Cosenza, Catanzaro, Trapani, Palermo, Enna e Sassari, dove le misure di razionamento sono state estese a parte o tutto il territorio comunale per tutti i giorni dell’anno. FIGURA 6. PRELIEVI DI ACQUA PER USO POTABILE PER TIPOLOGIA DI FONTE E DISTRETTO IDROGRAFICO. Anno 2018, miliardi di metri cubi Fonte: Istat, Censimento delle acque per uso civile Più frequenti sono i casi di razionamento estesi solo a una parte del territorio comunale, avvenuti in 10 comuni: la situazione più critica si è verificata a Palermo, dove a causa dell’aumento della torbidità dell’acqua prelevata da alcuni invasi, determinata da eccezionali eventi meteorici, l’amministrazione, nel mese di novembre 2018, ha dovuto ricorrere alla distribuzione dell’acqua con autobotti, mentre a Enna e Sassari l’acqua potabile è stata interrotta per alcune ore della giornata. Anche in alcune zone della città di Agrigento si sono verificate molte giornate di riduzione o sospensione del servizio, per un totale annuo di 144 giorni. Rispetto all’anno precedente risulta migliorata la distribuzione dell’acqua in alcune zone della città di Caltanissetta (da 347 a 54 giorni) e Reggio di Calabria (da 107 a 88), con alcune riduzioni nell’apporto idrico effettuate nelle ore notturne al fine di consentire il ricaricamento dei serbatoi di accumulo. Diversi i comuni ancora senza rete fognaria Sul territorio nazionale, nel 2018, sono ancora presenti comuni privi del servizio di rete fognaria pubblica. Quelli che soffrono di tale carenza infrastrutturale sono 40, con un‘incidenza percentuale sul totale della popolazione residente pari allo 0,7% (394.044 abitanti residenti). In questi casi ogni edificio è dotato di sistemi autonomi di smaltimento dei reflui (ad esempio: fosse Imhoff, pozzi a tenuta, fosse settiche). In alcuni di questi comuni la rete fognaria è presente, ma non è stata ancora messa in esercizio in attesa del collegamento a un depuratore. Più della metà di questi comuni sono in Sicilia, in particolare nella provincia di Catania, dove 22 comuni sul totale complessivo provinciale di 55 non usufruiscono del servizio di fognatura comunale. Monitorata la balneabilità in oltre due terzi della costa italiana Nel 2018 le coste monitorate ai fini della qualità delle acque di balneazione sono oltre due terzi (67,9%) della linea litoranea italiana (superiore a 9.000 km). Il restante 32,1% è soggetto a divieto permanente di utilizzo ai fini balneari, sia perché destinato ad altri usi (porti, aree militari, aree protette o inaccessibili), sia per motivi di tutela sanitaria (aree fortemente inquinate non risanabili). In tutte le regioni più della metà della linea litoranea è monitorata, ad eccezione del Friuli-Venezia Giulia in cui le aree di balneazione marino-costiere interessano il 42,2% della costa totale regionale. FIGURA 7. RETI DI DISTRIBUZIONE: PERDITE TOTALI PERCENTUALI E LINEARI (COMUNI CAPOLUOGO DI REGIONE). Anno 2018, valori percentuali sul volume immesso (asse principale) e m3/die per km di rete (asse secondario) m3/die/km % Fonte: Istat, Censimento delle acque per uso civile Qualità eccellente per il 93,5% della costa monitorata per la balneazione Nel 2018 le acque di balneazione con qualità eccellente interessano il 93,5% della costa italiana monitorata (Figura 8). A livello regionale la Puglia registra la quota più alta di costa eccellente monitorata (99,7%), seguita da Toscana e Sardegna (98,9%). Rispetto al 2017, il Molise presenta l’aumento maggiore (da 81,6% a 86,1%) grazie a una ridefinizione delle aree di monitoraggio che prevede un ampliamento di circa 2 km pur mantenendo lo stesso numero di acque di balneazione (25). La Sicilia, invece, registra il decremento più significativo (da 87,7% a 83,9%) con 25 acque eccellenti in meno, per una lunghezza di 26 km di costa. Tale riduzione corrisponde a un aumento delle acque di balneazione insufficientemente campionate e di bassa qualità, a sfavore non solo delle acque eccellenti, ma anche di quelle con qualità buona. Le regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia possiedono esclusivamente coste eccellenti e buone. Scarichi delle acque reflue urbane causa principale dei divieti di balneazione Circa un quarto delle acque di balneazione europee si trova in Italia e solo lo 0,8% di costa monitorata ha qualità scarsa. Tenendo conto anche delle acque monitorate interdette alla balneazione (divieti temporanei) per l’intera stagione balneare, a causa della presenza di contaminanti oltre le soglie di rischio per la salute, è stato calcolato l’indicatore relativo ai tratti di costa balneabili (percentuale della lunghezza della costa balneabile rispetto alla lunghezza complessiva della linea litoranea). Risulta, quindi, balneabile il 66,5% delle coste marine italiane. L’1,4% di costa monitorata non è stata mai aperta durante tutta la stagione balneare 2018. Rispetto all’anno precedente, considerando anche le chiusure totali, la situazione delle coste risulta peggiorata in Campania, Calabria e Sicilia, dove più del 3% di costa monitorata è stata interdetta ai bagnanti, soprattutto per la presenza di scarichi delle acque reflue urbane. Le regioni Veneto e Basilicata si distinguono per non aver avuto mai acque soggette a chiusure e, se si considerano soltanto le acque di qualità eccellente, si aggiungono anche il Friuli-Venezia Giulia e il Molise; la Sicilia, invece, è la regione che ha tenuto sempre chiusa la percentuale maggiore di acque eccellenti (3,6%). FIGURA 8. LUNGHEZZA DELLE ACQUE DI BALNEAZIONE MONITORATE CON QUALITÀ ECCELLENTE PER REGIONE LITORANEA. Anno 2018, valori percentuali sulla lunghezza totale delle acque monitorate % Fonte: Elaborazioni Istat su dati Ministero della salute e dell’Agenzia europea dell’ambiente Meno acqua nei principali fiumi italiani La serie storica del volume annuale di acqua defluita a mare nei principali fiumi italiani (Po, Adige, Arno, Tevere), misurata nelle stazioni idrometriche in prossimità della foce, fornisce indirettamente un quadro delle risorse idriche disponibili e utilizzabili nei territori presenti nei bacini idrografici dei corsi d’acqua. Rispetto al valore medio del periodo 1971-2000 per alcuni di questi corsi d’acqua si registra, negli ultimi 19 anni (dal 2001 al 2019), un’importante riduzione dei volumi defluiti a mare, pari al 15% per il Tevere (Figura 9) e di oltre l’11% per il Po. Dall’analisi a scala stagionale e mensile dell’andamento dei deflussi si osserva un aumento degli eventi di siccità e delle ondate di piena, anche a causa del mutamento in intensità e frequenza dei fenomeni estremi meteoclimatici. I deflussi dei corsi d’acqua sono fortemente correlati con le precipitazioni registrate nei bacini idrografici superficiali considerati, anche se nella determinazione del deflusso intervengono molte altre variabili di natura antropica (invasi, prelievi, opere idrauliche). Il valore medio annuo delle precipitazioni nel bacino idrografico del fiume Po, dal 2001 al 2017, si è ridotto del 2% rispetto alla media del periodo 1971-2000, corrispondente a circa 1.050 mm. Nel bacino del fiume Adige la precipitazione media annua è la più bassa tra i quattro bacini idrografici considerati, con circa 900 mm, mentre nel bacino dell’Arno non si è registrata una variazione significativa rispetto al trentennio. Il bacino del fiume Tevere registra la riduzione di precipitazione più evidente nel periodo 2001-2017, comunque di modesta entità (-4%), anche se in alcuni anni molto siccitosi (2007 e 2011) si sono registrate riduzioni uguali e superiori al 30% (Figura 9). FIGURA 9. VARIAZIONI DEI DEFLUSSI E DELLE PRECIPITAZIONI NEL BACINO DEL FIUME TEVERE RISPETTO ALLA MEDIA DEL TRENTENNIO 1971-2000. Anni 2001-2019 (100 = media 1971-2000) Fonte: Elaborazione su dati Ispra e dei Servizi idrografici regionali Il 2017 anno meno piovoso dal 1971 Aumentano nel nostro Paese i fenomeni di variabilità climatica. Per le città capoluogo di Regione, dove risiede circa il 16% della popolazione italiana, il 2017, se si confrontano i valori annuali con il valore medio del periodo 1971-2000 (Normale Climatologica), si configura come il quarto anno meno piovoso dal 1971, con una precipitazione totale pari a 573,7 mm (calcolata come media dei capoluoghi osservati). Nel 2017, rispetto al valore climatico, si è registrata in media un’anomalia negativa pari a -190,4 mm di pioggia. Ad esclusione di Bolzano e Ancona, tutte le città segnano una diminuzione della precipitazione totale annua, in particolare Genova (-676 mm), seguita da Napoli (-480,6), Milano (-402,6), Torino (-386,3) e Roma (-262,6). Gli indici di estremi climatici di precipitazione mostrano come nel 2017 la diminuzione del numero di giorni piovosi abbia interessato tutte le città osservate. I giorni consecutivi con pioggia sono 5 nella media nell’anno e quelli consecutivi senza pioggia 27. In ben otto capoluoghi le anomalie superano quota 20 giorni piovosi in meno rispetto al valore climatico 1971-2000. In testa Trento e L’Aquila (rispettivamente con -38 e -32 giorni), seguite da Genova (-30), Roma (-28) e Napoli (-27). In calo anche il numero di giorni di precipitazione superiore a 20 mm, in particolare a Milano (-11 giorni), Genova (-10), Torino (-9) e Napoli (-8). Quanto ai giorni di precipitazione superiore a 50 mm, le anomalie dai rispettivi valori climatici oscillano fra i 3 giorni in meno di Genova e i 2 giorni in più di Bolzano. L’indice di precipitazione nei giorni molto piovosi, fornendo una misura della concentrazione del fenomeno, mostra che il 23,8% della precipitazione totale annua si concentra nei giorni molto piovosi, con un valore medio di 136,5 mm considerate tutte le città osservate. FIGURA 10. ANOMALIA DI PRECIPITAZIONE TOTALE ANNUA DAL VALORE CLIMATICO DEI CAPOLUOGHI DI REGIONE. Anno 2017, valore climatico 1971-2000, valori assoluti in millimetri mm Fonte: Istat, Rilevazione Dati meteo-climatici e idrologici Cresce l’estrazione di acque minerali naturali La tipicità della morfologia del territorio italiano rende il patrimonio delle acque minerali nazionale fra i più importanti sia per numerosità di sorgenti che per qualità e diversità oligominerali di tali risorse. Nel 2017, sono 173 i Comuni nei quali si rileva la presenza di almeno un sito estrattivo di acque minerali naturali; complessivamente in tali siti operano 185 imprese autorizzate, quasi la metà delle quali (il 48,7%) si trova al Nord e circa un quarto (il 26,5%) al Centro. A livello nazionale, nel 2017, le estrazioni di acque minerali usate a fini di produzione sono risultate in aumento del 2,7% rispetto all’anno precedente, raggiungendo complessivamente circa 16,6 milioni di metri cubi. La crescita dei volumi estratti ha interessato soprattutto le Isole (+43,0%), seguono a grande distanza il Centro (+6,1%), il Sud (+5,3%) e il Nord-ovest (+2,4%), in controtendenza il Nord-est (-11,3%). I prelievi sono concentrati al Nord (9 milioni di metri cubi) e rappresentano il 54% del totale nazionale. La Lombardia è in testa con 3,1 milioni di metri cubi prelevati (-4,4% rispetto al 2016) seguita da Piemonte con 2,8 milioni di metri cubi (+9,4%) e Veneto con 2 milioni di metri cubi (-17,1%). Queste tre regioni insieme contano il 47,5% dei prelievi di acque minerali italiane. Molto rappresentative anche Campania (1,5 milioni di metri cubi estratti), Umbria (1,3) e Toscana (1). Le regioni mostrano andamenti differenziati per volumi prelevati rispetto all’anno precedente. Il maggior incremento si registra in Puglia (+35,5%) mentre il calo più consistente in Calabria (-37,0%), con estrazioni rispettivamente di circa 84 mila metri cubi e 214 mila metri cubi. Nel 2017, l’indicatore Intensità di estrazione (IE), dato dal rapporto fra le quantità estratte e la relativa superficie territoriale, calcolato a livello nazionale è pari a 55 metri cubi per km2. Un valore molto superiore alla media nazionale si registra nel Nord-ovest (108 metri cubi/km2), per l’elevata intensità di estrazione in Lombardia (132) e Piemonte (110). FIGURA 11. ESTRAZIONI DI ACQUE MINERALI NATURALI A FINI DI PRODUZIONE PER REGIONE. Anno 2017, valori assoluti in milioni di metri cubi (asse principale) e variazioni percentuali (asse secondario) Mln m3 % Fonte: Istat, Rilevazione Pressione Antropica e Rischi naturali - Le attività estrattive da cave e miniere a) Dati 2016, elaborazioni Istat su dati forniti dal Ministero dell'Economia e delle Finanze - Dipartimento del Tesoro Rilevazione "Concessioni - Patrimonio della PA". b) Dati non disponibili c) Dati 2016 provvisori


Glossario

Acque di balneazione: aree che, ai sensi della “Direttiva Balneazione” (Direttiva 2006/7/CE), sono definite come "qualsiasi parte di acque superficiali nella quale l'autorità competente prevede che un congruo numero di persone pratichi la balneazione e non ha imposto un divieto permanente di balneazione, né emesso un avviso che sconsiglia permanentemente la balneazione". La Direttiva 2006/7/CE è stata recepita in Italia con il D. Lgs 116/2008, seguito a sua volta dal Decreto attuativo del 30 marzo 2010, modificato recentemente con D. M. del 19 aprile 2018.

Acqua erogata per usi autorizzati: quantità di acqua ad uso potabile effettivamente consumata per usi autorizzati, ottenuta dalla somma dei volumi d’acqua, sia fatturati sia non fatturati, misurati ai contatori dei diversi utenti più la stima dei volumi non misurati ma consumati per i diversi usi destinati agli utenti finali.

Acqua immessa in rete: quantità di acqua effettivamente immessa nelle reti comunali di distribuzione; corrisponde alla quantità di acqua a uso potabile addotta da acquedotti e/o proveniente da apporti diretti da opere di captazione e/o derivazione, navi cisterna o autobotti, in uscita dalle vasche di alimentazione - serbatoi, impianti di pompaggio, ecc. - della rete di distribuzione.

Acqua prelevata per uso potabile: quantità di acqua captata o derivata ad uso potabile da corpi idrici (acque sotterranee, corsi d’acqua superficiali, laghi, bacini artificiali, acque marine o salmastre) attraverso specifiche opere di presa.

Acque minerali: secondo il D.Lgs n.176 dell'8 ottobre 2011 (in attuazione della Direttiva 2009/54/CE) sono le acque che, avendo origine da una falda o giacimento sotterraneo, provengono da una o più sorgenti naturali o perforate e che hanno caratteristiche igieniche particolari ed, eventualmente, proprietà favorevoli alla salute.

Anomalia climatica: differenza tra il valore di un parametro meteorologico e il valore medio di lungo periodo preso a riferimento, denominato Normale Climatologica.

Concessione mineraria: provvedimento normativo finalizzato alla coltivazione di un sito estrattivo da miniera, che ne individua l’area, ne approva il disciplinare sull’esercizio dell’attività estrattiva e sui prelievi autorizzati e ne fissa la durata. Nelle Regioni a statuto ordinario le concessioni di coltivazione sono richieste e approvate dal Ministero dello sviluppo economico (MISE) mentre nelle Regioni a statuto speciale sono demandate a competenti uffici regionali.

Coste marine balneabili: percentuale di coste balneabili autorizzate sul totale della linea litoranea ai sensi delle norme vigenti. L'indicatore è calcolato sottraendo alle acque di balneazione i tratti di costa interdetti alla balneazione per l’intera stagione balneare per livelli di contaminanti oltre le soglie di rischio per la salute.

Indici di estremi meteoclimatici di precipitazione: insieme di indici definiti dall’Expert Team on Climate Change Detection and Indices (ETCCDI) della World Meteorological Organization (WMO) delle Nazioni Unite (UN). Gli indici di estremi meteoclimatici di precipitazione vengono classificati in:

§ giorni senza pioggia (indice R0): giorni nell’anno senza precipitazione;

§ giorni con pioggia (indice R1): giorni nell’anno con precipitazione giornaliera >= 1 mm;

§ giorni con pioggia (indice R10): giorni nell’anno con precipitazione giornaliera >= 10 mm;

§ numero di giorni con precipitazione molto intensa (indice R20): giorni nell’anno con precipitazione giornaliera >= 20 mm;

§ numero di giorni con precipitazione estremamente intensa (indice R50): giorni nell’anno con precipitazione giornaliera >= 50 mm;

§ giorni consecutivi senza pioggia (indice CDD – Consecutive Dry Days): numero massimo di giorni con precipitazione giornaliera < 1 mm;

§ giorni piovosi consecutivi (indice CWD - Consecutive Wet Days): numero massimo di giorni con precipitazione giornaliera > = 1 mm;

§ intensità di pioggia giornaliera (SDII): totale annuale di precipitazione diviso per il numero di giorni piovosi nell’anno (definiti come giorni con precipitazione>=1 mm);

§ precipitazione nei giorni molto piovosi (Indice R95P): giorni molto piovosi - somma in mm nell’anno delle precipitazioni giornaliere superiori al 95° percentile;

§ precipitazione nei giorni molto piovosi (Indice R95P): giorni molto piovosi - somma in mm nell’anno delle precipitazioni giornaliere superiori al 95° percentile.

Normale Climatologica: in base a dei criteri stabiliti nel 1935 dalla World Meteorological Organization (WMO) delle Nazioni Unite (UN), le medie climatologiche di riferimento sono calcolate in tutto il mondo sul medesimo intervallo di 30 anni, denominato normale climatologica. Tale periodo è sufficientemente ampio per ricavare indicatori di tendenza e indici di variabilità di fenomeni meteorologici e per lo studio del clima nel lungo periodo. Le medie riferite al periodo climatico, applicando i criteri definiti dalla WMO sono chiamati valori normali o valori climatici. Le scadenze dei periodi normali di riferimento sono periodicamente aggiornate per tener conto del cambiamento del clima. Fino a qualche anno fa, il periodo di riferimento normale si ripeteva ogni 30 anni, tuttavia, i rapidi cambiamenti del clima degli ultimi decenni hanno indotto la WMO a introdurre una nuova periodicità per le normali climatologiche (1971-2000, 1981- 2010).

Perdite idriche totali: differenza tra volumi immessi in rete e volumi erogati autorizzati.

Perdite idriche totali lineari: rapporto tra le perdite totali e la lunghezza (in km) della rete comunale di distribuzione dell’acqua potabile.

Perdite idriche totali percentuali: rapporto percentuale tra le perdite totali e il volume di acqua immesso in rete.

Popolazione residente: laddove non diversamente specificato, è la popolazione media dell’anno di riferimento, ottenuta come semisomma tra il numero di residenti registrati al 1 gennaio e al 31 dicembre.

Precipitazione: insieme di particelle di acqua, liquide e/o solide che cadono o vengono spinte verso il basso dalle correnti discendenti (venti discendenti) delle nubi fino a raggiungere il suolo. Le precipitazioni di acqua allo stato liquido sono pioviggine, pioggia, rovescio, temporale, rugiada e brina, mentre allo stato solido sono neve e grandine.

Razionamento nell’erogazione dell’acqua: periodi di riduzione o sospensione del servizio di fornitura dell’acqua potabile per uso domestico.

Rete di distribuzione: complesso di tubazioni, relativo all’intero territorio comunale che, partendo dalle vasche di alimentazione (serbatoi, vasche, impianti di pompaggio), distribuisce l’acqua ad uso potabile ai singoli punti di utilizzazione (abitazioni, stabilimenti, negozi, uffici).

Spesa media delle famiglie: rapporto tra la spesa totale e il numero di famiglie residenti in Italia.

Stazioni termo-pluviometriche: insieme di strumenti di misura che permettono di controllare le condizioni fisiche dell'atmosfera in un dato luogo relativamente ai suoi parametri fondamentali, a fini meteorologici e climatici.

Valore climatico: elaborazione statistica su base trentennale delle variabili meteorologiche monitorate dalle stazioni al suolo. Il periodo climatico di riferimento è il trentennio 1971-2000.

Nota metodologica

I prelievi e il consumo delle acque per uso civile

L’analisi della diffusione della misurazione delle variabili quantitative nella fase di prelievo e distribuzione dell’acqua per uso potabile è effettuata sui dati del Censimento delle acque per uso civile, rilevazione condotta dall’Istat e inserita nel Programma statistico nazionale (IST-02192).

Nel focus si analizzano, in particolare, i dati provenienti dalla rilevazione svolta nel 2019, che ha come anno di riferimento il 2018.

Il Censimento fornisce informazioni su tutta la filiera di uso pubblico delle risorse idriche, dal prelievo di acqua per uso potabile alla depurazione delle acque reflue urbane e sulle principali caratteristiche dei servizi idrici presenti in Italia.

L’unità di rilevazione è costituita dagli enti gestori dei servizi idrici per uso civile. Le unità di analisi sono gli enti gestori e gli impianti gestiti da ciascun ente per lo svolgimento dei seguenti servizi: approvvigionamento e trasporto di acqua potabile, distribuzione dell’acqua potabile, reti fognarie e depurazione delle acque reflue urbane. I dati pervenuti sono sottoposti a procedure di controllo, correzione e validazione al fine di individuare mancate risposte parziali, valori anomali e incongruenze.

Con riferimento ai dati sui comuni capoluogo di provincia, i confronti con il 2016 sono stati fatti utilizzando i dati raccolti dalla rilevazione Istat Dati ambientali nelle città.

Le variazioni in serie storica degli indicatori proposti possono dipendere sia da effettivi cambiamenti nella dotazione idrica, sia da modifiche nei criteri di calcolo dei volumi non misurati al contatore. In particolare il computo dei volumi erogati per gli usi autorizzati agli utenti finali può dipendere, per le componenti stimate, dai criteri definiti dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), nell’ambito della regolazione della qualità tecnica del servizio idrico integrato.

Per ulteriori approfondimenti:

https://www.istat.it/it/archivio/207497

Le valutazioni e le opinioni dei cittadini nei confronti dei servizi idrici

I dati presentati sulle valutazioni e le opinioni dei cittadini nei confronti dei servizi idrici provengono dall’indagine campionaria “Aspetti della vita quotidiana”. L’indagine è presente sul Programma Statistico Nazionale (IST-00204) e consente di conoscere le abitudini dei cittadini, i problemi che essi affrontano ogni giorno e il livello di soddisfazione nei confronti dei principali servizi di pubblica utilità. Scuola, lavoro, vita familiare e di relazione, abitazione e zona in cui si vive, tempo libero, partecipazione politica e sociale, salute, stili di vita sono i temi indagati.

Dal 1993 al 2003 l'indagine è stata condotta con cadenza annuale, nel mese di novembre. Il valore per il 2004 non è presente poiché l'indagine ha subito un cambiamento del periodo di rilevazione da novembre 2004 a febbraio 2005. Per il 2019 i dati presentati si riferiscono a interviste effettuate nel periodo marzo-maggio 2019.

Per ulteriori approfondimenti:

http://www.istat.it/it/archivio/91926

Il consumo di acqua minerale e di acqua potabile per l’abitazione principale

L'indagine dell’Istat sulle spese delle famiglie, presente sul Programma Statistico Nazionale (IST-02396), ha lo scopo di rilevare la struttura e il livello della spesa per consumi secondo le principali caratteristiche sociali, economiche e territoriali delle famiglie residenti. La rilevazione, condotta in modo continuo con tecnica CAPI (Computer Assisted Personal Interview) su un campione nazionale teorico annuo di circa 28.000 famiglie, si basa su una classificazione delle voci di spesa armonizzata a livello internazionale (Classification of Individual Consumption by Purpose – Coicop). L’Indagine sulle spese sostituisce dal 2014 la precedente Indagine sui consumi (condotta dal 1997 al 2013). L’attuale disegno di indagine differisce profondamente dal precedente: in particolare, sono stati ampliati i periodi di riferimento delle spese ed è stata adottata la più recente ECoicop. Pertanto si è reso necessario ricostruire le serie storiche dei principali aggregati di spesa, a partire dal 1997. I confronti temporali tra le stime del 2014 e quelle degli anni precedenti possono dunque essere effettuati esclusivamente con i dati ricostruiti in serie storica.

Per ulteriori approfondimenti:

https://www.istat.it/it/archivio/71980

Il razionamento dell’acqua nei comuni capoluogo di provincia/città metropolitana

La “Rilevazione Dati ambientali nelle città” è effettuata annualmente dall'Istat al fine di raccogliere informazioni ambientali relative ai comuni capoluogo provincia/città metropolitana. Presente nel Programma statistico nazionale (IST-00907), ha l’obiettivo di fornire indicatori utili per comporre un quadro informativo a supporto del monitoraggio dello stato dell'ambiente urbano e delle attività poste in essere dalle amministrazioni per assicurare la buona qualità dell'ambiente nelle città.

La rilevazione si articola in sette questionari d’indagine: Aria, Eco management (che include il Razionamento dell’acqua per uso civile, precedentemente rilevato nel modulo Acqua), Energia, Mobilità, Rifiuti, Rumore e Verde urbano.

Per ulteriori approfondimenti:

https://www.istat.it/it/archivio/236912

Le acque di balneazione marino-costiere

Gli indicatori sulle acque di balneazione presentati nel focus sono il frutto della collaborazione dell’Istat con il Ministero della Salute e misurano la qualità e la lunghezza delle aree del nostro Paese adibite alla balneazione. L’Istat, grazie al contributo di Regioni, Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente e Aziende sanitarie locali, ha definito una linea litoranea omogenea sulla quale sono state riportate le aree di balneazione, i punti di prelievo e di monitoraggio. Tale linea indica uno sviluppo costiero della penisola Italiana superiore ai 9.000 km, includendo anche le infrastrutture antropiche quali quelle portuali, le barriere anti-erosione, le darsene, la configurazione dei porti anche naturali, ecc., ed è una linea di costa utilizzata a soli fini statistici.

Le acque di balneazione sono aree definite, ai sensi della “Direttiva Balneazione” (Direttiva 2006/7/CE), come "qualsiasi parte di acque superficiali nella quale l'autorità competente prevede che un congruo numero di persone pratichi la balneazione e non ha imposto un divieto permanente di balneazione, né emesso un avviso che sconsiglia permanentemente la balneazione".

Sono aree soggette a monitoraggi volti alla valutazione della “presenza di contaminazione microbiologica o di altri organismi o di rifiuti che influiscono sulla qualità delle acque di balneazione e comportano un rischio per la salute dei bagnanti". Prima dell’inizio di ogni stagione balneare viene redatto un programma di monitoraggio per ciascuna acqua di balneazione, a seguito dell’elaborazione dei dati viene poi attribuita una categoria di qualità delle acque da cui si evince il livello di inquinamento. I parametri microbiologici ricercati sono, secondo la normativa vigente, Enterococchi Intestinali ed Escherichia Coli. È prevista anche l’osservazione costante di altri fattori di interesse sanitario che, seppur non esaminati ai fini della classificazione, nel caso in cui presentino dei valori considerati a rischio per la salute, fanno scattare misure di gestione atte a prevenirne l´esposizione, inclusa un’adeguata informazione ai cittadini. Rientrano nelle acque di balneazione tutte le acque superficiali dove è praticata la balneazione: le acque marino-costiere, di transizione e interne superficiali. In questo lavoro sono state prese in considerazione solo le acque marino-costiere.

La classificazione di ogni singola acqua di balneazione viene effettuata al termine di ogni stagione balneare sulla base di monitoraggi eseguiti sui parametri indicati dalla “Direttiva balneazione”; oltre questi controlli le aree, anche se classificate con qualità eccellente, sono poste in attenzione rispetto a eventi prevedibili che possono determinare fenomeni di inquinamento a causa, ad esempio, di scarichi diretti delle reti fognarie o scolmi dovuti a piogge intense, provocando quindi chiusure temporanee.

La chiusura delle acque di balneazione per uno o più giorni è indice di accurati controlli da parte delle autorità competenti per la salvaguardia della salute dei bagnanti. A tal fine, ad esempio, le regioni Abruzzo, Emilia-Romagna e Marche adottano, oltre alle ordinanze di chiusura delle acque di balneazione indicate dalla normativa vigente, anche dei bollettini legati alle aperture degli scolmatori delle acque reflue a seguito di eventi meteorici mensili eccezionali, superiori alla media degli ultimi 20 anni, che provocano l’apporto di carichi potenzialmente inquinanti e che obbligano all’interdizione di almeno 48 ore delle aree balneari.

Per ulteriori approfondimenti:

https://www.eea.europa.eu/themes/water/europes-seas-and-coasts/assessments/state-of-bathing-water/country-reports-2018-bathing-season/bwd2018-nationalreport-it.pdf/view

Deflussi nei principali fiumi italiani

La valutazione delle risorse idriche disponibili è stata stimata attraverso la misura della portata dei quattro principali corsi d’acqua italiani (Po, Adige, Arno e Tevere) rilevata nelle stazioni idrometriche più prossime alla foce. I valori relativi ai deflussi dal 1971 al 2019 sono stati acquisiti dai Servizi idrografici regionali e dalle Agenzie regionali per la protezione ambientale, che gestiscono le reti di monitoraggio idrometriche.

I dati relativi alle precipitazioni sono stati elaborati da ISPRA, attraverso il modello BIGBANG - Bilancio Idrologico Gis BAsed a scala Nazionale su Griglia regolare.

Le stime a livello nazionale e per distretto idrografico sui principali indicatori, che misurano il ciclo dell’acqua e permettono di determinare le risorse idriche disponibili, prelevate e utilizzate sul territorio, sono svolte da ISPRA e Istat nell’ambito di uno specifico protocollo di ricerca.

Per ulteriori approfondimenti:

http://www.isprambiente.gov.it/pre_meteo/idro/BIGBANG_ISPRA.html

Dati meteo-climatici ed idrologici anno 2017

Inserita nel Programma statistico nazionale (codice PSN IST-02190), Dati meteo-climatici ed idrologici è una rilevazione corrente dell’Istat, il cui periodo di riferimento dei dati è l’anno, che raccoglie dati di variabili meteorologiche ed idrologiche presso Enti Gestori delle reti di stazioni di misura nel territorio nazionale.

La Rilevazione Dati meteo-climatici ed idrologici dell’Istat ha consentito di aggiornare al 2017 la Banca Dati Istat delle variabili meteo-climatiche ed idrologiche (temperatura minima, temperatura media, temperatura massima, precipitazione totale annua, umidità) attraverso dati raccolti presso gli Enti Gestori (unità di rilevazione) di reti di stazioni meteorologiche nel territorio nazionale (unità di analisi). In particolare, considerati gli obiettivi di analisi, sono stati presi in esame i dati delle stazioni meteorologiche ubicate all’interno o in prossimità del territorio comunale di ciascun capoluogo di provincia. Per questo motivo, i dati delle stazioni meteorologiche prese in esame e gli indici calcolati forniscono misure riferite ai caratteri climatici delle singole aree monitorate. Statistiche e indicatori meteo-climatici prodotti dall’Istat, si aggiungono all’insieme delle informazioni statistiche prodotte sul tema delle città, allo scopo di fornire nuove opportunità di analisi congiunta con informazioni sullo stato dell’ambiente naturale. La costruzione di serie di dati relative ad eventi meteorologici a scala locale, costituisce la fonte primaria di informazioni sul clima e le sue variazioni e consente di valutare se negli ultimi decenni eventuali segnali climatici siano già riconoscibili sul territorio. Per descrivere le variazioni annuali di temperatura e precipitazione nelle città capoluogo di regione e di provincia, sono stati calcolati oltre agli indicatori di temperatura media annua e precipitazione totale annua, un insieme di 21 Indici di estremi meteo-climatici ritenuti rappresentativi del clima italiano, 12 di temperatura e 9 di precipitazione. Essi sono espressi in numero di giorni nei quali si verifica un determinato evento, in gradi Celsius e in millimetri, applicando la metodologia degli ETCCDI Indices della World Meteorological Organization (WMO) delle Nazioni Unite (UN). Con riferimento alla serie temporale dei dati disponibili, per tutti i capoluoghi di provincia sono stati calcolati indicatori di parametri meteorologici e indici di estremi meteo-climatici di temperatura e precipitazione4 per gli anni dal 2007 al 2017, utilizzando serie di dati giornalieri. In particolare, vengono presentati i valori degli indicatori di temperatura media annua e precipitazione totale annua dell’anno 2017 confrontati con i corrispondenti valori medi del periodo 2007-2016. Tale confronto viene espresso come differenza dei valori 2017 dai corrispondenti valori medi registrati nel periodo 2007-2016. Per ciascun capoluogo di regione, inoltre, grazie alla disponibilità di più ampie serie di dati complete (1971- 2017), è stato possibile calcolare anche la differenza dei valori medi degli indicatori 2017 dai corrispondenti valori medi del periodo 1971-2000 (assunto come Normale Climatologica5 e ricostruita per ciascun capoluogo di regione), vale a dire l’anomalia 2017 dal valore climatico. Per i capoluoghi di provincia e di regione, calcolando le differenze 2017 dal valore medio del periodo 2007- 2016, sono stati prodotti 15 indici di estremi meteo-climatici. Invece, per tutti i capoluoghi di regione è stato possibile calcolare le anomalie sia del 2017 che del valore medio del periodo 2007-2016 dal valore climatico 1971-2000, per 21 Indici di estremi meteo-climatici.

Per ulteriori approfondimenti:

L’estrazione di acque minerali naturali

In presenza di un’offerta disomogenea e frammentata delle statistiche sul settore estrattivo e di un crescente fabbisogno informativo proveniente dal contesto istituzionale nazionale e internazionale è stata avviata per la prima volta nel 2015 e condotta nuovamente nel 2017-2018 la rilevazione “Pressione antropica e rischi naturali” inserita nel Programma Statistico Nazionale (IST-02559) e avente per oggetto le attività estrattive di risorse minerali da cave e miniere a livello regionale, con la finalità di evidenziare anche aspetti legati alle pressioni esercitate sull’ambiente naturale e nel territorio.

Con la seconda edizione della rilevazione sono state raccolti per gli anni 2015, 2016 e 2017 dati e informazioni sulle estrazioni di minerali di prima (miniere) e seconda categoria (cave), sulla base della classificazione delle sostanze minerali del Regio Decreto 1443/1927, punto di riferimento della legislazione nazionale in materia estrattiva. Estendendo il campo di osservazione, sono stati raccolti per la prima volta anche dati sui prelievi di acque minerali e termali per Regione. Non sono oggetto della rilevazione le estrazioni di minerali che producono energia.

I microdati sono acquisiti dagli archivi amministrativi delle Istituzioni pubbliche locali responsabili in materia estrattiva di minerali che non producono energia (coinvolgendo anche gli Uffici di Statistica delle Regioni) attraverso gli Uffici Tecnici di settore collocati presso Regioni, Province, Province Autonome di Trento e Bolzano, Distretti Minerari della Sicilia.

Secondo quanto disposto dal Regio Decreto del 1927 (normativa ancora vigente in materia estrattiva nazionale), le acque minerali fanno parte delle sostanze minerali di prima categoria e sono comprese nelle attività delle miniere. Quindi i prelievi sono sottoposti ad un regime amministrativo di concessioni rilasciate dalle Istituzioni pubbliche locali competenti, ai fini dello sfruttamento e della valorizzazione economica di tali risorse.

In ambito comunitario, la Direttiva 2009/54/CE del Parlamento Europeo disciplina utilizzazione e commercializzazione delle acque minerali naturali. Il Decreto Legislativo n. 176/2011 che la recepisce ha portato alcune novità in materia. Sono considerate acque minerali naturali le acque che, avendo origine da una falda o giacimento sotterraneo, provengono da una o più sorgenti naturali o derivanti da perforazioni e che hanno caratteristiche igieniche particolari ed eventualmente proprietà favorevoli per la salute.

Per ulteriori approfondimenti:

Per chiarimenti tecnici e metodologici

Fabrizio Maria Arosio

tel. 06 4673.7210

arosio@istat.it

Stefano Tersigni

tel. 06 4673.7511

sttersig@istat.it

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